domenica, dicembre 11, 2011

Il razzismo di Torino e l'omofobia di Scilipoti



L’odiato non può combattere l’odio che gli viene rivolto. E se non può farlo lui lo devono fare gli altri, coloro i quali a quell’odio non è indirizzato. Così gli ebrei devono combattere l’islamofobia e le persecuzioni ai cristiani nel mondo; gli islamici l’antisemitismo; i cristiani l’islamofobia e l’antisemitismo e cosi via. Queste, grosso modo, le parole del Rabbino Capo di Inghilterra, Sir Jonathan Sacks, in un incontro con la Comunità Ebraica di Roma prima dell'incontro di domani con il Papa.
Parole attualissime se vediamo quello che è successo a Torino. A battersi in difesa dei Rom, vittime di un atto di puro razzismo, dobbiamo essere tutti noi: cristiani, ebrei, musulmani, gay, laici, atei, scientologisti e vattelaapeschisti. Un concetto, quello della responsabilità sociale di “un fratello per l’altro”, che in tempi così difficili può essere una risorsa a cui attingere. E allora se la vittima dell’odio in questo caso sono i Rom sono tutti i diversi dai Rom a doverli difendere. Se la vittima di attacchi vergognosi è la deputata orgogliosamente lesbica del Pd, Anna Paola Concia, sono tutti coloro non omosessuali a doversi impegnare in sua difesa. Indubbiamente ciò è difficile per due ordini di motivi: il primo è che ognuno conosce bene il proprio orticello ma non quello altrui (che è grosso modo la stessa situazione in cui si trova chi discrimina); il secondo è che su alcuni temi si preferisce l’ambiguità all’intransigenza. Quel che però sfugge a molti è che in realtà le cosiddette minoranze difendono tutte uno stesso ed unico bene: il diritto ad essere diversi. E allora, maggioranze e minoranze, oggi più che mai, hanno il dovere di essere responsabili l'uno per l’altro; di fare della lotta all’intolleranza una cultura; di fare della diversità una bandiera. Perché in realtà per essere davvero uguali è necessario sapere quanto siamo diversi.
Vito Kahlun

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