Tratto da Libero (ed. romana) di oggi.
di Vito Kahlun - Il terremoto dell’11 maggio 2011 probabilmente verrà ricordato come “La scossa dell’Unità d’Italia”. E il motivo è semplice: ha messo d’accordo tutti i sismologi, di solito divisi; i politici, ancora più divisi; ha fatto discutere di prevenzione; e ha portato le persone ad organizzare degli eventi ad hoc. Nella data in cui Garibaldi sbarcò a Marsala con i Mille c’è chi organizza picnic all’aperto, aperitivi in casa, brindisi all’ombra del Colosseo, giornate in agriturismo ma anche convegni all’Università “La Sapienza” e visite guidate presso l’Istituto di Vulcanologia.. Nel quartiere Esquilino di Roma, poi, c’è chi, per esorcizzare la paura da terremoto, ha creato un vero e proprio “sistemone Terremoto” da giocare al Superenalotto. Quote disponibili: 90, come la paura. Prezzo cadauna: 140 euro, un decimo di uno stipendio medio. Slogan per promuovere il sistemone: “Sistema Terremoto. Se nun morimo se divertimo”.
Gli unici a non essere colpiti dall’ansia da sisma sono i fedeli. E per rendersene conto basta scambiare quattro chiacchiere con i parroci delle periferie romane. «Questa storia», osserva un prete che preferisce rimanere anonimo, «non ha inciso in alcun modo sul numero di presenze a messa e sulle confessioni. Anche i lumicini accesi alla Madonna e Padre Pio sono grosso modo gli stessi. Qualche battutina la si sente, ma niente più». Così anche alcuni parroci di Montesacro, viale Marconi e via Tuscolana.
Se i fedeli si sentono al sicuro, gli “scettici ma scaramantici” si organizzano come meglio possono. Anche perché “non succede, ma se succede..”. E allora tra peperoncini, ferri di cavallo, corni e collane d’aglio meglio non farsi mancare nulla in borsa e in tasca. Così se chi non ci crede festeggerà sotto il Colosseo all’insegna di bufala e prosecco, gli scettici ma scaramantici - con kit antisfiga al seguito - si daranno appuntamento davanti alla Bocca della Verità per poi andarsene a passeggio per il Centro Storico di Roma.
C’è poi chi sulle voci del terremoto ha sviluppato una vera e propria psicosi. È il caso del quartiere Esquilino a Roma da tempo ribattezzato “Chinatown”. Nel quadrante in cui grossisti di abbigliamento e bigiotteria, per lo più cinesi, svolgono la propria attività economica si preannuncia una giornata di serrande abbassate. I motivi (di copertura) sono i più disparati: chiuso per inventario, per ferie o per motivi di salute. Parlando con alcuni cinesi di Roma si capisce che la realtà è ben diversa e che il cartello da esporre sulle serrande dovrebbe essere: “Chiuso per terremoto o presunto tale”. Se così c’è chi, già da tempo, si è organizzato per farsi una settimana in Cina, c’è anche chi, pur di non rimanere nella Capitale, va a fare visita ai parenti residenti a Prato, Milano e Bologna. Anche perché meglio un pranzo con la suocera che un ipotetico terremoto. Un barista italiano della Chinatown de noantri racconta: «Sono terrorizzati. Non parlano di altro da giorni. Non ho dubbi: domani (oggi ndr) piazza Vittorio sarà deserta». Un comportamento, quello dei cinesi all’Esquilino, che a breve potrebbe essere analizzato da sociologi in giacca e cravatta interessati ai macro effetti delle leggende metropolitane e alle sue ricadute in termini di marketing del prodotto.
I cinesi non sono gli unici “fuori sede” a preoccuparsi. Da giorni genitori e parenti di studenti e lavoratori fuori sede tampinano di chiamate i propri cari. Giovanna, studentessa calabrese alla Sapienza di Roma, racconta: «Non se ne può più. In due giorni mi ha chiamato tutta la famiglia. Mamma, papà, zio, zia. Mi ha chiamato anche mia cugina Maria Rosaria». «Con tutte le onde elettromagnetiche partite dai loro cellulari», ironizza la studentessa, «l’unica scossa prevedibile è quella di onde radio». Anche Alessandro, studente barese a Roma Tre, non ne può più. «Ma che si pensano che chiamandoci ci salvano la vita? Prima o poi tutti passiamo a miglior vita, quindi perché rompere tanto le scatole? Mah, forse lo capirò quando diventerò genitore». Intanto il Codacons ha reagito alla leggenda metropolitana presentando alla Procura della Repubblica di Roma un esposto «contro tutti quei soggetti (blog, siti web, tv, radio, giornali, ecc.) che hanno in qualsiasi modo diffuso e alimentato la notizia del terremoto».
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