n Italia, come in molti altri stati, l’opinione pubblica sembra mostrare un particolare interesse per per argomenti connessi alla politica estera. Questa eccessiva attenzione per quanto avviene al di fuori di casa nostra ha fatto si che si abbassasse il livello di attenzione per quanto attiene ai problemi interni, in particolar modo alle problematiche legate a processi di immigrazione, integrazione e interazione.
Le conseguenze di questo fenomeno sono state più evidenti in Francia che ha visto scoppiare le rivolte di tutti quei cittadini che non sono riusciti ad integrarsi nel paese della uguaglianza, fratellanza e libertà.
E’ abbastanza evidente che questo è quello che potrebbe accadere prossimamente se non ci si inizia ad occupare seriamente di processi di integrazione per chi arriva da fuori, evitando ghettizzazioni di sorta, ma soprattutto investendo sul dialogo inter-religioso e culturale come fonte di arricchimento sociale ed economico. Sociale perchè una società che riesce a conoscere e riconoscere la cultura del prossimo è una società in cui le forme di razzismo diminuiscono scientificamente, e in cui la propria identità è rafforzata dal confronto con quelle altrui. Economicamente perchè chi si integra cerca di entrare a far parte di tutti i processi sociali, anche quelli legati alle economia, da questo punto di vista gli Stati Uniti sono un esempio da cui apprendere tantissimo.
Tornando al punto di partenza, ci si occupa tanto dei problemi di Israele e degli Stati Uniti, ma quante persone sarebbero in grado di intrattenere una conversazione interessante sui problemi collegati a chi viene da fuori? Se facciamo una riflessione seria scopriremo che la differenza tra i problemi del “terzo mondo” e quelli di immigrazione che abbiamo in casa nostra sono simili nelle dinamiche che poi portano alla rivolta verso chi ha la vera responsabilità di queste situazioni.
Se in Africa i confini sono stati disegnati con squadra e righello, e l’unico argine alla rivolta nei nostri confronti è il mare(che ridirige la rivolta verso l’interno), da noi la rivolta sarà inevitabile se non si costruiranno ponti di dialogo e integrazione immediatamente. Ciò comporterà due cose: severe regole sull’immigrazione che va assolutamente contenuta e strutture di interazione e integrazione su cui investire grandi risorse mentali ed economiche
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